Il reato di stalking condominiale è entrato a far parte della legge italiana. Diversi casi di cronaca, in questi anni, ne hanno portato alla ribalta il fenomeno. Al punto che sono arrivate delle sentenze di tribunale a chiarirne la definizione e la distinzione dallo stalking. Vediamo, di seguito, i casi in cui si configura lo stalking condominiale e quali sono le pene previste.
Il caso recente
Di stalking condominiale si parla già da anni, a seguito di una serie di casi di cronaca, che hanno portato alla definizione del reato stesso. Il più recente è quello su cui s’è pronunciato il Tribunale di Prato, condannando una sessantenne, ex infermiera, a seguire un percorso psicoterapeutico in regime di libertà vigilata.
La donna aveva preso di mira una famiglia di vicini di casa, sottoponendoli a minacce. Minacce che si sono concretizzate soprattutto in biglietti intimidatori affissi alla porta di casa, sinistramente illuminati da candele, come se si trattasse di una sorta di stregoneria. Il provvedimento giudiziario è arrivato a seguito di una serie di denunce da parte delle vittime e di una perizia psichiatrica, che ha riconosciuto nella molestatrice una figura psicologicamente instabile.
Il reato di stalking
Prima di entrare nel merito dello stalking condominiale, definiamo bene cosa si intende per stalking. Come stabilito dall’articolo 612-bis del Codice Penale tale reato si verifica quando un soggetto mette in atto comportamenti persecutori, che costituiscono intimidazione o minaccia nei confronti di terzi, al punto da farli temere per l’incolumità propria e dei propri cari e di portarli a uno stato di turbamento tale da influenzarne le abitudini di vita. E’ la ripetizione del comportamento di minaccia a essere elemento chiave.
Per intenderci, una persona che viene minacciata verbalmente o addirittura aggredita in una sola occasione, può procedere con una denuncia limitatamente alla molestia o all’aggressione subita. Solo se l’episodio si ripete almeno due volte, e si è perciò in presenza di reiterazione del reato, si può allora parlare di stalking. Non è quindi il tipo di atto compiuto a definirne i contorni, come avviene invece per il furto o l’omicidio. Qui è la frequenza del comportamento illecito e il costituire, di conseguenza, motivo d’ansia e di minaccia nei confronti di terzi a fare la differenza.
La distinzione tra stalking e stalking condominiale
Generalmente sentiamo parlare di stalking relativamente a storie di ex fidanzati. Sono, ahimé, quasi all’ordine del giorno casi di cronaca che vedono persone minacciate, aggredite e, nei peggiori dei casi, uccise dall’ex compagno o coniuge, incapace di accettare d’essere stato lasciato. Sono sempre più frequenti, tuttavia, atti persecutori anche in contesti condominiali, dove non mancano spunti di discussione, che possono sfociare in contrasti e situazioni di litigiosità.
L’esasperazione di questi problemi di convivenza tra condomini può degenerare in scontri o, appunto, in comportamenti persecutori. Gli stessi che hanno portato alla definizione del reato di stalking condominiale. Naturalmente, trattandosi di un reato, che riguarda quindi la sfera della giustizia penale, le pene possono prevedere, oltre al risarcimento dei danni causati alle vittime, l’obbligo di sottoporsi a percorsi di psicoterapia e la reclusione in carcere.
Una sentenza che fa scuola
C’è una sentenza che fa scuola in materia di stalking condominiale. Si tratta della n.20895 del 25 maggio 2011 emessa dalla Corte di Cassazione. Il pronunciamento ha visto condannare un individuo che aveva messo in atto comportamenti molesti nei confronti di alcune residenti nel suo stesso condominio. Pedinamenti e intimidazioni, con ripetute minacce di morte, rivolte unicamente verso donne. Proprio questo ha portato al pronunciamento di una sentenza che ha meglio definito i contorni del già citato articolo 612-bis del Codice Penale.
E’ stato riconosciuto, infatti, che il molestatore si accaniva sulle sue vittime solo perché appartenenti al genere femminile. Nonostante i suoi atti intimidatori si fossero concretizzati solo nei confronti di alcune residenti, tutte le condomine avevano ragione di sentirsi minacciate. Cosa che ha portato a influenzarne comportamenti e abitudini quotidiane.
Per esempio, evitando di prendere l’ascensore, dove l’aggressore era solito braccare le sue vittime, nel timore di venirvi a contatto e di subirne a propria volta le molestie. Questa motivazione è stata fondamentale nel riconoscere il reato di stalking condominiale e nel portare alla conseguente sentenza di condanna.
Come denunciare
Come denunciare dunque un caso di stalking condominiale? Ci sono vari modi di procedere. Il più blando è quello di inviare al molestatore una lettera di diffida a firma del proprio avvocato. Va da sé che, in presenza di un individuo mentalmente instabile, questo genere di azione difficilmente ha efficacia.
La segnalazione alla questura
In alternativa, si può fare una segnalazione alla questura. Una volta accertata la veridicità di quanto denunciato, il questore emette un ammonimento a carico del soggetto segnalato.
Questo provvedimento può portare alla revoca di un eventuale porto d’armi e autorizza inoltre l’autorità pubblica a procedere d’ufficio qualora il comportamento illecito dovesse ripetersi. Significa cioè che, a fronte di un nuovo episodio di minaccia o molestia, non c’è bisogno di denuncia per fare in modo che l’autorità intervenga.
La diffida del questore ha inoltre il potere di aggravante e, nel caso il soggetto venga condannato, può comportare un inasprimento della pena.
Sporgere denuncia
Sporgere denuncia è l’azione più pesante. Si può procedere rivolgendosi personalmente a un comando dei carabinieri o della polizia oppure dando mandato per una querela presso la Procura della Repubblica. A questo punto scattano le indagini, che possono durare diversi mesi e a cui si somma l’iter della causa giudiziaria. Questo significa che può passare anche più di un anno perché si arrivi al pronunciamento di una sentenza.
La custodia cautelare
Per tutelare la vittima durante tutto lo svolgersi delle indagini e della causa giudiziaria, il giudice può disporre la custodia preventiva del soggetto denunciato. Si tratta però di una misura cautelare, che può scattare solo in circostanze di particolare gravità. Come accaduto, ad esempio, nel caso trattato dalla recente sentenza n.28340/2019 della Corte di Cassazione. Qui giudici hanno confermato la misura cautelare del carcere a carico di due condomini che erano arrivati a minacciare i coinquilini attraverso atti incendiari.
E’ stata dunque riconosciuta la loro pericolosità e la gravità dello stato d’ansia causato all’intero condominio.