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Revocare l’amministratore condominiale

Revocare l’amministratore condominiale

Il rapporto tra amministratore e condomini si regge su equilibri delicati, come in tutti quei contesti in cui una persona si trova a dover gestire e mettere d’accordo più teste pensanti, facendo i conti con aspettative, priorità, umori. Per farla breve, basta poco a incrinare il rapporto di fiducia e a creare situazioni in cui uno o più condomini sono, a torto o ragione, insoddisfatti dell’amministratore e del suo operato. L’estrema conseguenza di tutto questo è la volontà di rimuoverlo dall’incarico. Come si procede, dunque, quando si vuole sfiduciare l’amministratore condominiale?

I termini di legge

Il ruolo dell’amministratore di condominio è quello di rappresentare ciascun condomino in ragione delle quote millesimali di sua proprietà (come da pronunciamento della Cassazione n.9148/2008). In pratica, deve gestire e tutelare gli interessi di proprietà private, ovvero le abitazioni che costituiscono l’unità condominiale e deve farlo sempre rendendone conto ai singoli proprietari, di cui è mandatario. L’incarico di amministrare il condominio, infatti, gli viene conferito dall’assemblea. E l’assemblea stessa può revocarlo, in qualsiasi momento, sia nel caso gravi irregolarità o mancato adempimento dei suoi doveri, sia semplicemente per cessazione del rapporto di fiducia. L’articolo 1129 del Codice Civile stabilisce che, una volta nominato, l’amministratore resta in carica per almeno un anno, ma riconosce al tempo stesso ai condomini la possibilità di revocargli l’incarico in qualsiasi momento.

Come si procede?

Sfiduciare l’amministratore condominiale è dunque facoltà dei condomini. La decisione deve essere presa dall’assemblea, col voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, che rappresentino quantomeno la metà del valore millesimale della proprietà condominiale (come da Art.1136 del Codice Civile). Assemblea che può essere straordinaria, ovvero convocata appositamente per votare la mozione di sfiducia, oppure ordinaria. In questo caso, la votazione della sfiducia verso l’amministratore va preventivamente fatta inserire nell’ordine del giorno.

La richiesta di assemblea straordinaria può essere rivolta all’amministratore da ciascun condomino, chiedendo di inserire la votazione della revoca come ordine del giorno. Qualora l’amministratore non dovesse dare seguito alla richiesta, si può allora procedere ai sensi dell’Art. 66 del Codice Civile. Qui è stabilito che è sufficiente la richiesta scritta da parte di un minimo di due condomini, che rappresentino però almeno un sesto del valore millesimale dell’edificio. Se entro dieci giorni poi l’amministratore non provvede, i condomini stessi sono autorizzati a convocare direttamente l’assemblea.

Quando l’amministratore resta in carica

Se la mozione di sfiducia dovesse essere dichiarata approvata dall’assemblea, pur senza la maggioranza prevista per legge, si può presentare ricorso entro trenta giorni. A farlo però non può essere l’amministratore, ma solo uno o più condomini dissenzienti, astenuti o non presenti in sede di assemblea. L’amministratore, in questo caso, può soltanto far presente, all’assemblea e al suo presidente, l’irregolarità procedurale. In caso di ricorso, si andrebbe incontro a un probabile annullamento della delibera per illegittimità. L’amministratore resterebbe dunque in carica.

Così come resta in carica anche a fronte di un’assemblea straordinaria che non riesce a raccogliere i voti necessari all’approvazione della sfiducia. È previsto, inoltre, che l’amministratore resti in carica anche in seguito a una mozione di sfiducia regolarmente votata a maggioranza, finché l’assemblea non provvede a nominare un nuovo amministratore. In pratica, l’amministratore sfiduciato ricoprirebbe il ruolo di “traghettatore”, tanto per usare un termine familiare al gergo sportivo. In questo senso sarebbe bene che i condomini, nel momento in cui si accordano per sfiduciare l’amministratore condominiale, si adoperassero per avere già dei candidati a sostituirlo, così da poterli valutare nel corso dell’assemblea stessa e conferire il nuovo incarico. Continuare ad affidare la gestione del condominio a un amministratore con cui il rapporto di fiducia è ormai irrimediabilmente incrinato, va da sé, non conviene a nessuna delle parti.

Revoca per “giusta causa”

Abbiamo sinora visto come sfiduciare l’amministratore condominiale nel caso in cui ci sia, da parte dei condomini, una volontà di cambiamento basata semplicemente sul venir meno della fiducia. La revoca dell’incarico può però avvenire anche per “giusta causa”. Succede quando l’amministratore è ritenuto responsabile di gravi irregolarità gestionali, quali, ad esempio, la mancata riscossione di crediti di cui il condominio è beneficiario, il rifiuto a convocare l’assemblea per decidere sul rinnovo o la revoca del suo stesso mandato, il non dare seguito a delle decisioni prese in sede di assemblea e legittimamente approvate, il non aver aperto un conto corrente condominiale o l’averne fatto un uso improprio.

In questi casi, oltre alle modalità già descritte, si può procedere per via giudiziaria. Iniziativa che può essere intrapresa anche da un singolo condomino o da una minoranza di condomini che sostengano la presenza d’irregolarità. Se si configurano gli estremi di un reato, con danni economici dovuti alla cattiva gestione, il condominio può costituirsi parte civile e ottenere dall’amministratore un risarcimento economico. Ogni valutazione spetta, in ogni caso, al giudice.

L’amministratore può ricorrere contro la sua revoca?

Un amministratore rimosso dalla carica senza giusta causa, ovvero in mancanza di gravi irregolarità riconosciute a livello giudiziario, può presentare ricorso per ottenere un risarcimento economico. Risarcimento legato al mancato guadagno per il completamento del suo esercizio. In pratica, l’amministratore revocato prima del termine naturale del suo mandato, che, come detto, ha durata annuale, può ricorrere per ottenere il compenso dell’intera annualità. Non può, invece, ricorrere per essere reintegrato nel ruolo di amministratore. Se l’assemblea gli revoca il mandato con la maggioranza prevista dalla legge, la decisione, come accennato in precedenza, è contestabile solo da un condomino dissenziente o assente alla votazione. Solo se l’amministratore sfiduciato è anche condomino ci sono quindi gli estremi per chiedere di essere rimesso al proprio posto.

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