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Nomina, revoca e dimissioni dell’amministratore condominiale

Nomina, revoca e dimissioni dell’amministratore condominiale

Oggi cercheremo di chiarire gli aspetti che regolano nomina, revoca e dimissioni dell’amministratore condominiale. Innanzitutto ci sono dei requisiti da rispettare per ricoprire questo ruolo?

Come funzionano la sua nomina e la revoca? E cosa succede se è l’amministratore stesso a rassegnare le dimissioni?

Requisiti minimi ed evoluzione del ruolo di amministratore

Ci è ormai chiaro quanto, in un condominio, il ruolo dell’amministratore sia fondamentale. E lo è sempre di più nella società odierna. Se un tempo, infatti, bastava che avesse delle buone doti da ragioniere e un minimo di capacità diplomatiche per interfacciarsi coi condomini, oggi ci sono tanti altri aspetti da curare.

A partire dalle norme di sicurezza degli impianti, che si sono fatte via via più stringenti nel corso degli anni e di cui l’amministratore è responsabile. Motivo per cui se, in passato, era frequente che a ricoprire l’incarico fosse uno dei condomini stessi, semplicemente perché dotato di sufficiente volontà e tempo libero, la tendenza attuale è quella di affidarsi a professionisti della gestione condominiale.

Ma esistono dei requisiti di legge da rispettare per ricoprire il ruolo di amministratore? L’Art. 71bis disp.att. del c.c. ne individua alcuni, tra cui l’essere soggetto cui è riconosciuto il pieno godimento dei propri diritti civili e politici (cosa che non vale, ad esempio, per chi è sotto condanna giudiziaria, per un minore o per chi non ha cittadinanza italiana) e il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore.

Il Decreto Ministeriale n.140/2014 fissa, inoltre, l’obbligo di aggiornarsi costantemente frequentando corsi attinenti alla gestione condominiale. In molti casi, poi, il ruolo di amministratore è affidato a uno studio, anziché ad una persona fisica. 

Nomina dell’amministratore condominiale

Chiariti gli aspetti che riguardano i requisiti richiesti per il ruolo di amministratore condominiale, veniamo alla sua nomina. Cosa dice la legge in proposito? Intanto, l’articolo 1129 del Codice Civile fa una prima distinzione basata sul numero di condomini:

  • meno di nove condomini: i partecipanti (che possono essere anche soltanto due, ovvero i cosiddetti “condomini minimi”) possono provvedere autonomamente alla gestione;
  • nove o più condomini: il ruolo di amministratore deve essere attribuito per incarico tramite assemblea condominiale.

In questo secondo caso, l’articolo 1136 del Codice Civile individua nel voto espresso da una maggioranza rappresentante almeno la metà del valore millesimale dell’edificio la condizione necessaria a legittimare la decisione dell’assemblea.

Quando l’assemblea non riesce a nominare l’amministratore

Cosa succede, invece, se l’assemblea non riesce a nominare l’amministratore? Si tratta di un’eventualità meno rara di quanto si possa pensare. Capita, infatti, che nonostante l’affidamento dell’incarico sia all’ordine del giorno, non si riesca a raggiungere il numero minimo di partecipanti richiesto.

Condizione che potrebbe ripetersi anche a seguito di diverse convocazioni. In questo caso, sempre l’articolo 1129 del Codice Civile chiarisce che l’amministratore può essere imposto dall’autorità giudiziaria a seguito di ricorso da parte di uno o più condomini o anche dell’amministratore stesso, se dimissionario.

Per autorità giudiziaria si intende il Presidente del Tribunale del luogo in cui si trova l’immobile, come definito dall’Articolo 59 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.

Revoca e rinnovo del mandato

Veniamo ora alla revoca e al rinnovo del mandato dell’amministratore condominiale. Come già visto nell’articolo su come revocare l’amministratore condominiale, dal momento della nomina l’amministratore resta in carica per dodici mesi.

La legge di riferimento, ovvero l’articolo 1138 del Codice Civile, dice inoltre che l’incarico si intende rinnovato per egual durata. All’assemblea condominiale, tuttavia, è riconosciuta la facoltà di poter revocare in ogni momento il mandato all’amministratore in carica.

In tutti i casi nei quali viene meno il rapporto di fiducia tra l’amministratore e i condomini, questi ultimi possono infatti decidere di interrompere il mandato prima della sua naturale scadenza. Per farlo occorre il voto della maggioranza dei partecipanti all’assemblea, che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’immobile.

Revoca per gravi irregolarità

La revoca dell’incarico può però avvenire anche attraverso una modalità decisamente più “traumatica”, ovvero per via giudiziaria.

Succede qualora l’amministratore commetta gravi irregolarità nella gestione, come non applicare quanto deliberato dall’assemblea o non provvedere al pagamento dei debiti del condominio verso terzi, con conseguenti disservizi (ad esempio, il distacco della luce nelle parti comuni a causa di bollette non pagate).

Sono circostanze che, come definito dall’articolo 1131 del Codice Civile, consentono a qualsiasi condomino di avviare un’azione legale per rimuovere l’amministratore dal suo incarico.

Rinnovo dell’incarico e quorum di maggioranza

Al netto di revoche, cosa succede invece quando il mandato dell’amministratore in carica arriva alla sua naturale scadenza? In questo caso spetta sempre all’assemblea decidere se rinnovarlo.

La modalità prevista è sempre il voto della maggioranza dei partecipanti, in rappresentanza di almeno la metà della proprietà millesimale dell’edificio. Varie sentenze di legge susseguitesi negli ultimi anni (come la n.279 del 6 marzo 2012 del Tribunale di Brindisi) hanno confermato questo orientamento.

Il rinnovo del mandato viene, di fatto, equiparato alla nomina. Diversamente, in passato, si tendeva a considerare il rinnovo come atto distinto e per il quale era sufficiente il quorum di un terzo della proprietà in millesimi dell’immobile.

Quando è l’amministratore a dimettersi

Veniamo alla situazione in cui è l’amministratore stesso a voler rassegnare le dimissioni dall’incarico. Innanzitutto, la decisione può essere comunicata a voce, nel corso dell’assemblea, oppure per iscritto, mediante raccomandata con avviso di ricezione, indirizzata a tutti i condomini.

In ogni caso, devono essere specificate le ragioni della rinuncia all’incarico. A fronte di questo, l’assemblea non può che prenderne atto e accettare le dimissioni, provvedendo quindi a una successiva convocazione per individuare il nuovo amministratore. Nel lasso di tempo tra le dimissioni e la nomina del suo successore, lamministratore uscente è tenuto a continuare a garantire la gestione del condominio ad interim, sulla base del principio “prorogatio imperii”.

Questo istituto di legge vale non solo nel caso di dimissioni o finché non si perviene al rinnovo del mandato, ma anche qualora la delibera assembleare di affidamento dell’incarico dovesse essere ritenuta illegittima. Può succedere, ad esempio, in seguito all’azione legale di un condomino che dovesse contestare l’elezione dell’amministratore per un vizio di forma o perché non è stata raggiunta la maggioranza prevista dalla legge.

Anche se il giudice dovesse dare ragione al ricorrente, fintanto che non si arriva a eleggere un nuovo amministratore, quello illegittimamente designato resterebbe autorizzato a occuparsi della gestione ordinaria del condominio.

L’unica via per cui il soggetto dimissionario può sottrarsi a quest’onere è, come detto in precedenza, il ricorso all’autorità giudiziaria, rimandando al Presidente del Tribunale la nomina di un amministratore temporaneo.

L’obbligo del passaggio di consegne al nuovo amministratore

Quando si arriva, invece, alla legittima elezione di un nuovo amministratore, quello uscente è tenuto a consegnargli tutta la documentazione riferita alla gestione del condominio.

Questa procedura è sancita come obbligo dall’articolo 1129 del Codice Civile, dov’è previsto che sia documentata attraverso la stesura del cosiddetto “verbale di consegne”.

Nel caso l’amministratore uscente dovesse sottrarsi a quest’obbligo, ci si può rivolgere all’autorità giudiziaria, chiedendo un provvedimento d’urgenza, come da Art. 700 del Codice di Procedura Civile.

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