Parliamo oggi di un tema alquanto scottante, gli incendi in condominio. Perdonate il facile gioco di parole, ma si tratta di un’eventualità che, oltre a non essere – ahimé – così rara, può comportare danni notevoli e coinvolgere soprattutto un certo numero di persone. Diventa dunque utile sapere di più riguardo responsabilità e risarcimento danni nei casi di incendi in condominio.
Il danno derivante da cose in custodia
La norma di legge cui si fa riferimento in materia di incendi in condominio è l’articolo 2051 del Codice Civile. Qui si parla di danni derivanti da cose in custodia. Riguardo un’unità condominiale, custode è colui che ci vive. Non necessariamente il proprietario dunque, ma, nel caso di appartamento in affitto, il cosiddetto locatario o conduttore. Gli eventuali danni riconducibili a un appartamento o un’unità immobiliare, come può essere un garage, un ufficio, uno spazio commerciale, sono responsabilità di chi lo abita (appartamento) o di chi lo gestisce (nel caso di negozio o ufficio). Se l’appartamento o unità immobiliare non è abitata, responsabile resta ovviamente il proprietario. Ad ogni modo, il concetto di base è che a dover garantire la corretta conservazione e utilizzo dell’unità immobiliare e degli impianti che la servono, scongiurando eventuali situazioni di rischio, è chi ci vive. Lo ha rimarcato anche la sentenza n.20427 della Corte di Cassazione (25 luglio 2008).
Incendio causato da un appartamento
La prima casistica che esaminiamo è quella di incendio causato da un appartamento o da una singola unità immobiliare. A scatenarlo possono essere varie cause, come un cortocircuito o un malfunzionamento dell’impianto elettrico o una perdita di gas. Allo stesso modo, possono essere di vario genere ed entità i danni provocati. L’incendio può riguardare solo le parti comuni dell’edificio oppure coinvolgere anche altre unità immobiliari.
Nel primo caso, il soggetto da risarcire è il condominio. Nel secondo caso, oltre al condominio (se vi sono danni alle parti comuni), dovranno essere risarciti anche i proprietari delle unità danneggiate. A dover pagare, stando a quanto stabilito dal già citato articolo 2051 del Codice Civile, è il custode dell’appartamento da cui s’è scatenato l’incendio. Il proprietario o, appunto, il conduttore (nel caso di appartamento in affitto o di spazio dato in gestione). In ogni caso, l’assemblea condominiale non può procedere nei confronti del responsabile dell’unità da cui l’episodio incendiario ha avuto origine finché non è il giudice a pronunciarsi, come stabilito dalla sentenza n.7890 della Corte di Cassazione (22 luglio 1999). E’ l’autorità giudiziaria a dover valutare il caso, quantificando i danni e attribuendone le responsabilità. Solo il giudice, dunque, può condannare il responsabile dell’incendio a risarcire i soggetti vittime dei danni causati.
Incendio causato da parti comuni
Gli incendi in condominio possono svilupparsi anche dalle parti comuni. Dall’ascensore, da una canalina elettrica nel corridoio delle cantine o da una delle condutture del gas sulla facciata esterna, tanto per fare degli esempi. Anche qui, i danni provocati possono restare circoscritti alle parti comuni dell’edificio oppure coinvolgere anche singole proprietà immobiliari o beni materiali (eventuali auto parcheggiate nell’area dove si sviluppa l’incendio). Nel primo caso, non ci sono soggetti da risarcire. E’ come se il condominio avesse causato danni a se stesso. I condomini sono quindi ritenuti responsabili in egual misura e le spese da sostenere verranno sostenute da tutti secondo i criteri millesimali. Nel secondo caso, invece, il condominio dovrà provvedere a rispondere anche dei danni causati alle singole proprietà. A meno che non venga provata una situazione di dolo riconducibile a terzi. Se si dimostra che l’incendio è stato volontariamente appiccato o causato da negligenza attribuibile al comportamento di una o più persone, saranno questi soggetti a dover pagare. In ogni caso, è sempre il giudice a doversi esprimere. Non può essere preteso il pagamento di alcuna sanzione, finché non è l’autorità giudiziaria a stabilirlo.
Caso fortuito e onere della prova
Abbiamo analizzato gli incendi in condominio dal punto di vista dell’unità da cui si propaga. Resta però da chiarire un altro aspetto importante riguardo responsabilità e oneri di risarcimento. Ci sono situazioni in cui il proprietario o il conduttore dell’unità da cui si è propagato l’incendio è riconosciuto non responsabile delle cause scatenanti. Si parla allora di caso fortuito. Cosa che però il conduttore/proprietario imputato deve dimostrare a livello giuridico. In mancanza di elementi che provino il caso fortuito, le responsabilità restano a suo carico.
Viceversa, alle parti danneggiate spetta l’onere di dimostrare, in sede giudiziale, che i danni subiti siano scaturiti da una proprietà riconducibile al soggetto accusato. Sia che si tratti di incendio sviluppatosi nelle parti comuni, sia che abbia invece avuto luogo da una singola unità immobiliare, dev’essere evidenziato il nesso causa-effetto. Se un incendio danneggia un appartamento, con le fiamme che provengono dal piano sottostante, i danneggiati non possono pretendere di essere risarciti dall’inquilino del piano di sotto, finché non dimostrino che la causa scatenante è riconducibile proprio alla sua unità.
L’incendio, infatti, potrebbe anche essersi sviluppato a partire dal pianerottolo o dalla rampa delle scale, quindi da una parte comune. In questo caso, il soggetto cui chiedere il ristoro dei danni provocati sarebbe il condominio stesso e non il singolo condomino.
Se l’incendio comporta un’ordinanza di sgombero
Concludiamo analizzando il caso su cui s’è recentemente pronunciato il Tribunale di La Spezia (sentenza n.169/2019). L’incendio sviluppatosi all’interno di un’unità condominiale ha provocato danni che hanno reso inagibile l’intero stabile. Al punto che è stata emessa un’ordinanza di sgombero, che ha costretto tutti i condomini a trasferirsi temporaneamente altrove. In questo caso, tra i danni da risarcire sono stati incluse anche le spese di locazione dei condomini costretti a traslocare e i canoni delle utenze attive (linea telefonica, luce, gas) presso gli appartamenti sgomberati. Riguardo le spese di locazione, il responsabile del danno è tenuto a pagare il canone d’affitto sostenuto dalle vittime che hanno subito sgombero fino a due mesi e mezzo dopo la revoca dell’ordinanza di sgombero.
Nel momento in cui lo stabile viene dichiarato nuovamente agibile, due mesi e mezzo è, infatti, l’arco di tempo massimo riconosciuto necessario a completare il ritorno al proprio appartamento. In merito alle utenze, invece, anche se la casa oggetto di sgombero, rimane, per forza di cose, disabitata, si deve provvedere comunque al risarcimento. Sia perché alcune utenze prevedono un canone fisso, indipendente dall’utilizzo effettivo (come la maggior parte degli abbonamenti alla linea di telefonia e dati), sia perché non è dato sapere a priori se il contratto in essere prevede che l’utenza stessa possa essere sospesa temporaneamente e se questo comporta ulteriori costi.
Insomma, nella sfortunata circostanza di incendio che costringe allo sgombero dell’edificio, tocca risarcire tutti i disagi provocati ai soggetti costretti a subirlo.