Allacciarsi in modo fraudolento al contatore del vicino, addebitandogli l’intero consumo d’acqua o installare un manicotto per bypassare il contatore della propria abitazione e sottrarre acqua alla rete idrica del condominio: sembrano cose surreali, attinte alla finzione televisiva o alla fantasia di qualche autore. Sono, invece, solo due esempi di furti d’acqua in condominio. Qualcosa con cui può capitare di dover fare i conti e che vogliamo quindi analizzare più dettagliatamente con l’articolo di oggi, spiegando come comportarsi se si subisce questo genere di truffe e quali sono le conseguenze legali per chi le compie.
Quando la furberia diventa reato
Chiariamo subito che i furti d’acqua in condominio, attraverso stratagemmi fraudolenti per allacciarsi direttamente alla rete idrica condominiale o al contatore di un altro condomino, rientrano tra i reati perseguibili penalmente. In particolare, l’articolo 624 del Codice Penale prevede pene che possono comportare dai sei mesi sino a tre anni di detenzione, a seconda delle circostanze aggravanti riconosciute. Trattandosi poi di interventi fraudolenti, ovvero manomissioni di impianti comuni in favore del proprio interesse, si configura un danno al resto della collettività (il condominio, nella fattispecie) e questo comporta che il reato sia perseguibile d’ufficio. In altre parole, l’autorità giudiziaria può procedere senza bisogno di una querela, come invece è previsto per altri reati.
Due casi che fanno legge
Vediamo di seguito due casi di furti d’acqua in condominio, sui quali sono state pronunciate delle sentenze che ci aiutano a capire meglio come vengono inquadrate queste situazioni a livello di legge. Il primo è un caso affrontato dalla Corte d’Appello di Genova. Il procedimento era a carico di un condomino che, attraverso l’installazione di un tubo filettato di metallo, aveva creato una deviazione nell’impianto idrico condominiale. In pratica, come confermato dagli accertamenti tecnici disposti dal giudice, l’acqua erogata nell’appartamento del condomino bypassava il contatore, senza quindi registrarne i consumi. La sentenza, confermata anche in Cassazione (sentenza n.40158/2018), ha visto l’interessato condannato a pagare una sanzione pecuniaria, oltre alle spese processuali.
Il secondo caso riguarda, invece, una donna che, dopo aver subito il distacco dalla rete idrica e il sequestro del contatore da parte dell’ente gestore del servizio, ha realizzato un collegamento abusivo alla condotta idrica pubblica. La condomina ha fatto ricorso contro quanto contestatole, adducendo, tra le altre motivazioni a sua discolpa, la tesi che il distacco dalla rete pubblica subito non fosse collegato a una sua morosità e che quindi, vittima di un’ingiustizia, s’è trovata in uno stato di necessità che l’ha costretta ad agire di conseguenza. Come dire: mi hanno tolto ingiustamente l’acqua e allora ho provveduto da me.
I giudici della Corte di Cassazione di Enna, titolari del caso in questione, hanno dapprima accertato che il provvedimento di distacco dalla rete idrica era stato conseguenza di mancati pagamenti da parte dell’imputata, quindi la condizione di morosità era legittima, poi hanno rigettato la tesi della donna, riconoscendo nella sua condotta l’aggravante di aver arrecato danno a un bene pubblico. Forzare in maniera fraudolenta la conduttura dell’acqua condominiale, infatti, attenta a un bene comune, che appartiene a tutti ed è quindi meritevole di particolare tutela. Questo il principio che ha portato i giudici a riconoscere un’aggravante al reato di furto e a condannare l’imputata non solo a 154 euro di multa e al pagamento di tutte le spese processuali, ma anche a sei mesi di reclusione (sentenza n.10735 del 9 marzo 2018).
In definitiva, i furti d’acqua in condominio sono da considerarsi veri e propri reati penalmente perseguibili. Punibili anche dal Codice Penale e suscettibili di circostanze aggravanti, che possono comportare da sei mesi a diversi anni di reclusione. Se è vero, infatti, che l’articolo 624 del Codice Penale è riferito a chi si impossessa di un bene altrui per trarne profitto, gli articoli 624-bis e 625 riconoscono una serie di circostanze aggravanti, come il cosiddetto “furto con strappo”, ovvero la sottrazione di un bene dalla proprietà di un altro condomino o da una risorsa collettiva.
Circostanze che, se riconosciute, possono portare a pene anche più pesanti, fino a sei anni di reclusione. E, come detto, non occorre nemmeno che qualcuno denunci il fatto. L’autorità giudiziaria è autorizzata a procedere automaticamente a fronte di questo genere di reati. L’onesto cittadino che dovesse trovarsi direttamente o indirettamente vittima di furti d’acqua in condominio è quindi tutelato dalla legge. E, una volta tanto, senza le classiche eccezioni a conferma della regola.