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Fumo passivo in condominio

Fumo passivo in condominio

Il problema del fumo passivo in condominio è questione di non facile soluzione. La Legge Sirchia n.3/2003, che ha fatto chiarezza riguardo i locali chiusi, pubblici e privati, in una realtà condominiale può trovare applicazione soltanto parziale e riferita, in genere, alle parti comuni. Il condominio è, di fatto, una proprietà privata costituita a sua volta da tante proprietà private confinanti. E qui possono nascere i problemi e i conseguenti conflitti.

Il fumo di sigaretta di un condomino, che è solito concedersi questo vizio sul balcone o affacciato alla finestra, può propagarsi al balcone o alle finestre degli appartamenti confinanti, costringendo chi ci abita a subirne le conseguenze. In molti casi, complice magari il vento o la frequenza degli episodi, le immissioni possono rendere l’aria irrespirabile anche all’interno della propria abitazione.

Chi si trova all’interno della sua proprietà è comunque libero di fumare quanto gli pare? O è legittimo che i vicini molestati dal fumo passivo possano chiedere e ottenere limitazioni o divieti?  

I danni del fumo passivo

Sono noti da anni e supportati da vari studi i danni provocati dal fumo di sigaretta sull’organismo umano. Danni che interessano anche i soggetti esposti al cosiddetto fumo passivo. Anche chi non ha mai fumato è esposto alle stesse conseguenze di un fumatore abituale, semplicemente respirando le esalazioni prodotte dalle sue sigarette. Conseguenze che possono tradursi, nel lungo periodo, in patologie a carico dell’apparato respiratorio.

Senza addentrarci in spiacevoli dettagli, basti citare l’esito di una recente ricerca condotta dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Ne è risultato, infatti, che il fumo di due sigarette sottovento nel raggio di cinque metri è in grado di generare polveri sottili tossiche fin oltre sette volte i valori normali. Motivo in più per preoccuparsi del fumo passivo in condominio. Come possiamo tutelarci?

Un braccio di ferro di diritti

All’interno delle realtà condominiali, come abbiamo più volte analizzato, i problemi di convivenza scaturiscono da uno scontro di diritti. Tante proprietà private confinanti, dove libertà di ciascuno finisce dove inizia quella dell’altro. E’ il caso delle immissioni di fumo.

Da un lato c’è il diritto del fumatore di poter fumare quanto gli pare in casa propria. Dall’altra c’è quello di chi, allo stesso modo, vuole essere libero di respirare, all’interno del suo appartamento, aria non inquinata dal comportamento altrui.

  • Cosa dice la legge in merito?
  • Come si risolve questo braccio di ferro di diritti?

Il diritto di proprietà

Non possiamo che affrontare l’argomento del fumo passivo in condominio partendo dal diritto di proprietà. E’ l’articolo 832 del Codice Civile a definirlo come il diritto di godere in maniera piena ed esclusiva di un determinato bene.

In base a questo principio, chi è proprietario di un appartamento è legittimato a farci ciò che vuole. Fumare all’interno dei confini della proprietà, quindi anche sul balcone o terrazzo annesso all’appartamento, rientra tra queste libertà. Non esiste regolamento condominiale che possa porre limiti o divieti.

Dunque i vicini molestati dagli eccessi di fumo passivo devono rassegnarsi a subire? No, non è sempre così. Il citato Art. 832 del Codice Civile, infatti, precisa anche che il diritto a godere a pieno della proprietà privata è garantito entro i limiti imposti dall’ordinamento giuridico. E qui ci sono i margini per distinguere dei casi particolari, che rappresentano le classiche eccezioni alla regola.

Il diritto alla salute

Se la proprietà privata è sacra, lo è – o quantomeno dovrebbe esserlo – anche il diritto alla salute. Del resto, l’Articolo 32 della Costituzione Italiana riconosce tra i diritti fondamentali dell’individuo proprio quello alla salute.

Tutelarci dai rischi per la nostra salute a causa della condotta altrui dovrebbe quindi essere garantito dallo Stato. E in effetti c’è un articolo del Codice Civile che può trovare applicazione nei casi di fumo passivo in condominio. E’ l’Articolo n.844, che parla di immissioni moleste di tipo immateriale. Ovvero, rumori, luci, odori prodotti non devono confliggere col diritto di proprietà del vicino, impedendogli di goderne appieno.

Quando prevale il diritto alla salute?

Alla luce di quanto detto, quando prevale il diritto alla salute su quello di proprietà? Come e chi stabilisce se le emissioni di fumo prodotte dal vicino limitano il godimento della nostra proprietà? Qui si entra nel campo di un’arbitrarietà che chiama in causa il giudice.

Come già visto per altre situazioni, quali, ad esempio, i rumori molesti in condominio, spetta a lui ogni valutazione del caso. Nel momento in cui si contesta un eccesso di emissioni prodotte dal fumo passivo del vicino, il giudice disporrà dei rilievi. Sulla base dei dati riportati dal personale tecnico che li esegue, dovrà stabilire se le emissioni di fumo superano i limiti della normale tollerabilità.

Il concetto di normale tollerabilità è soggettivo e di non facile definizione. Motivo per cui la strada giudiziaria, per quanto percorribile, non è garanzia di successo da parte di chi vuole tutelarsi dal fumo passivo in condominio. L’unica certezza riguarda le parti comuni, con particolare riferimento a spazi chiusi come atrii, androni, corridoi, rampe delle scale, ascensori.

Qui, infatti, trova applicazione la già citata Legge Sirchia, integrata dall’articolo 1102 del Codice Civile, secondo cui ogni condomino può godere delle parti comuni a patto di non limitare o impedire il diritto degli altri di goderne allo stesso modo.

Un caso scuola

C’è un caso scuola a supporto di chi si sente vittima del fumo passivo. E’ quello che ha visto il pronunciamento della Sentenza n.7875/2009 della Corte di Cassazione. Una famiglia si è vista riconoscere un risarcimento per danni esistenziali causati dal fumo di sigaretta del locale sottostante.

Nella fattispecie è stato riconosciuto che il fumo passivo prodotto dai frequentatori del bar superasse effettivamente le soglie della normale sopportazione, costringendo i ricorrenti a subirne le esalazioni fino al punto di dover spesso chiudere porte e finestre, anche in piena estate.

La regola del buon senso

Il fumo passivo in condominio è dunque un problema spinoso, se non altro per lo scontro tra diritti che comporta. Il diritto al pieno godimento della proprietà privata da una parte e quello alla salute dall’altra.

In mezzo, l’arbitrarietà del giudizio, che rimanda tutto alle valutazioni soggettive di chi (il giudice) si trova a dover stabilire se le emissioni sono oltre la normale tollerabilità.

Chi fuma in casa propria può sentirsi libero di farlo, ma non può evitare di tenere conto del contesto e delle particolari situazioni ambientali. Mettersi a fumare di continuo nell’angolo di balcone confinante con la finestra del vicino può diventare motivo di scontro. Meglio allora farlo in uno spazio meno esposto, se possibile.

E’ solo l’esempio di una piccola accortezza per sottolineare un concetto che abbiamo ripetuto spesso attraverso queste pagine, ma che vale sempre la pena di ricordare. A prevalere dovrebbe essere sempre la regola non scritta del buon senso. Il modo migliore per vivere sereni e senza inutili – anzi, dannosi – motivi di scontro.

Litigare nuoce gravemente alla salute… proprio come le sigarette.

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