Il superamento delle Barriere Architettoniche in condominio è sempre tema di grande attualità in Italia. Nonostante sia stata approntata una legge in materia già dal 1989, l’85% degli edifici risale a prima del 1991, con addirittura un 21% antecedente il 1945, come approfondito anche nell’articolo sul miglioramento della classe energetica degli immobili.
Se dunque per le nuove costruzioni è lecito aspettarsi che vengano realizzate nell’ottica di consentire a tutti facile accesso e utilizzo delle parti comuni, per i vecchi stabili possono essere necessari interventi di un certo rilievo. Come può dunque procedere un condomino portatore di handicap o con difficoltà motorie permanenti per chiedere l’installazione di elementi che agevolino il suo accesso? E come è tenuto a comportarsi il condominio?
Cerchiamo di fare chiarezza andando a scoprire più nel dettaglio leggi e sentenze in materia di barriere architettoniche.
Cosa sono le barriere architettoniche?
Partiamo dal chiarire cosa si intende per barriere architettoniche. È il Decreto Ministeriale n.236/1989 a definirlo. Barriere architettoniche sono tutti quegli ostacoli fisici che impediscono o rendono difficoltosi gli spostamenti di chiunque, con particolare riferimento a coloro che sono portatori di handicap o che hanno ridotta capacità motoria. È il caso classico dei portoni d’accesso a un condominio leggermente rialzati dal piano terra e per raggiungere i quali si è obbligati a salire dei gradini.
L’assenza dell’alternativa di una rampa diventa un ostacolo per le persone in sedia a rotelle. Ma lo è anche semplicemente per una madre col passeggino. Sono considerate barriere architettoniche anche la mancanza di segnalazioni di luoghi e fonti di pericolo. Qui si fa riferimento soprattutto a persone ipovedenti o affette da gravi problemi di udito.
Per fare esempi legati alla vita di tutti i giorni, i semafori non dotati di segnalatore acustico costituiscono una barriera architettonica per chi è ipovedente e non si avvede quindi del rosso. Allo stesso modo, in una stazione ferroviaria, il solo avviso acustico per invitare ad allontanarsi dal binario dove sta per transitare un treno può non essere sufficiente per chi ha difficoltà di udito.
La Legge per il superamento delle Barriere Architettoniche
Le barriere architettoniche rappresentano, come abbiamo visto, impedimenti fisici e in alcuni casi fonti di pericolo per l’incolumità stessa delle persone. Problemi che riguardano anche e soprattutto gli edifici privati. Specie se si considera che il patrimonio edilizio italiano è in gran parte costituito, come abbiamo detto, da costruzioni datate. Ci sono ancora condomini senza ascensori o con rampe di scale strette e prive di corrimano. Per questo è stata varata la Legge n.13/1989, che parla di disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.
Eliminare le barriere architettoniche in edifici vecchi
Eliminare le barriere architettoniche negli edifici di vecchia concezione può comportare interventi di forte impatto. Si pensi al sopracitato esempio di un condominio sprovvisto di ascensore. Installarlo potrebbe non essere agevole, magari per carenza di spazi interni dove collocarlo o perché rischierebbe di danneggiare seriamente le mura o altre parti comuni.
Non a caso, per quanto la Legge n.13/1989 abbia dato una spinta al superamento delle barriere architettoniche in condominio, bisogna comunque fare i conti con gli Art. 1120 e Art. 1121 del Codice Civile. Qui si chiarisce che qualsiasi intervento di innovazione non deve alterare la stabilità e il decoro dell’edificio, né alterare la destinazione d’uso delle parti comuni oppure modificarne o impedirne il godimento agli altri condomini.
Lo ha ribadito anche una Sentenza della Corte di Cassazione del novembre 2016. Nel caso in questione è stata accolta l’opposizione di un condomino all’installazione di un ascensore perché ne avrebbe limitato l’accessibilità al garage di proprietà. Il diritto del singolo sancito dagli articoli 1120 e 1121 del Codice Civile prevale dunque sulla necessità d’intervento, per quanto condivisa e approvata dalla maggioranza degli altri condomini.
L’approvazione dell’assemblea condominiale
La richiesta di intervento per il superamento di barriere architettoniche in condominio va di norma proposta all’assemblea condominiale. A effettuare la richiesta non dev’essere necessariamente una persona disabile o portatrice di handicap. Le opere orientate all’eliminazione delle barriere architettoniche possono essere richieste da qualsiasi condomino, anche là dove non vi fossero persone con particolari problemi motori.
Per l’approvazione è comunque richiesto il voto favorevole della maggioranza più uno degli intervenuti, in rappresentanza di almeno la metà dei millesimi di proprietà dell’intero stabile. Si fa riferimento, in questo, all’articolo 1136 del Codice Civile.
Le spese per gli interventi eventualmente deliberati dall’assemblea sono da suddividere tra tutti i proprietari, anche quelli eventualmente contrari, in base al criterio dei millesimi di proprietà.
E se l’assemblea non approva?
Nel caso in cui l’assemblea non dovesse approvare la richiesta d’intervento per il superamento di barriere architettoniche, è previsto che la persona portatrice di handicap possa comunque procedere di sua iniziativa.
Sempre ovviamente nel rispetto di quanto sancito dagli articoli 1120 e 1121 del Codice Civile. Alla persona disabile quindi è riconosciuto, ad esempio, il diritto a procedere all’allargamento del portone d’accesso o all’installazione di una rampa per raggiungere l’ingresso o, ancora, di una servoscala o di una struttura rimovibile per ovviare all’assenza di ascensore.
La cosa riguarda anche l’installazione di segnalatori acustici di pericolo per agevolare le persone ipovedenti. In ogni caso, quando si procede a interventi richiesti dal singolo condomino, le spese restano totalmente a suo carico.
Incentivi
A venire incontro alle esigenze di persone disabili costrette a procedere senza il parere favorevole dell’assemblea condominiale ci sono degli incentivi economici.
In particolare, l’ex Ministero dei Lavori Pubblici, oggi Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha istituito un fondo per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche in edifici privati.
Il contributo, per il quale sono stati stanziati 40 milioni di euro per il 2019, riguarda gli interventi in edifici preesistenti al 1989 (anno di entrata in vigore della legge di riferimento). La richiesta va inoltrata al Comune di residenza, che provvederà poi a trasmetterla alla Regione.
Il fondo stanziato a livello nazionale è infatti suddiviso tra le varie Regioni, che a loro volta stabiliscono le risorse da destinare ai singoli Comuni. Comuni che poi sono tenuti a pubblicare delle graduatorie in cui è chiarito chi e in quale misura beneficerà del contributo economico. Il via ai lavori, in ogni caso, può essere dato anche prima di sapere se si ha diritto o meno all’incentivo.